Italia capofila di un progetto europeo per invecchiare bene

Invecchiare sì, ma in salute. Secondo Claudio Mauro, professore ordinario di Metabolismo e infiammazione all’Università di Birmingham, «negli ultimi 50 anni, la nostra aspettativa di vita è aumentata enormemente, ma non la qualità degli anni finali».

Per questo è nato Union, un network di medici composto da esperti di fragilità, biologia dell’invecchiamento, immunometabolismo e cellule staminali, con l’obiettivo di formare nei prossimi 4 anni 17 giovani dottorandi (13 in Ue e 4 in Uk) per studiare nuove strategie in grado di rallentare il processo di senescenza.

I segni dell’invecchiamento

Per far fronte agli ultimi anni di vita in salute, gli esperti si concentrano sui segnali precoci, i cosiddetti fattori di rischio. L’età, ricordano i ricercatori, è l’unico fattore non modificabile. Esistono però altri Red Flag, ovvero segnali di allarme biologici in grado di mostrare un’accelerazione dei processi di invecchiamento.

«Il problema è la perdita progressiva di riserve fisiologiche e funzionali del nostro organismo, che porta a una condizione di fragilità, aumentando il rischio di malattie croniche» spiega Davide Vetrano, ricercatore di Union e professore associato in Geriatria ed epidemiologia dell’invecchiamento al Karolinska Institute di Stoccolma. «Comprendere i meccanismi che sottendono lo sviluppo della fragilità» conclude, «equivale a poter prevenire o ritardare la fragilità stessa».

Dati e strategie

Il progetto si basa sullo studio della biologia molecolare dell’invecchiamento e in particolare sull’osservazione delle vescicole extracellulari (ovvero biomarcatori di invecchiamento). La raccolta di dati si fonda invece su studi clinici effettuati su pazienti anziani fragili e analizzati anche con l’uso dell’intelligenza artificiale.

Nel corso del progetto, i ricercatori studieranno le cellule immunitarie e staminali per individuare i meccanismi in grado di accelerare o rallentare l’invecchiamento, in modo da sperimentare strategie efficaci.

«Se riusciamo a mantenere giovane il sistema immunitario» spiega ancora il dottor Mauro, «possiamo cambiare radicalmente il modo in cui invecchiamo, perché significa ridurre l’infiammazione cronica e prevenire molte delle malattie associate all’età». «Abbiamo dimostrato come alcuni metaboliti, come il lattato o alcuni acidi grassi, non sono semplici sottoprodotti del metabolismo, ma vere e proprie molecole di segnalazione che regolano la funzione delle cellule immunitarie e staminali».

Roberta Gatto

Lascia un commento