Mario Barbuto, l’Uici e i suoi obiettivi

Mario Barbuto
Mario Barbuto, 70 anni, da dieci presidente nazionale dell’Uici, interviene alla Giornata Nazionale del Braille tenuta a Cagliari mettendo subito le mani avanti. «Certo, noi siamo un’associazione di interesse». Come non esserlo, dopotutto. «L’Unione italiana ciechi e ipovedenti» sottolinea Barbuto, «è un ente morale con personalità giuridica di diritto privato dove la legge e lo statuto affidano la rappresentanza e la tutela degli interessi morali e materiali dei non vedenti e degli ipovedenti nei confronti della pubblica amministrazione».
«Fu fondata a Genova il 26 ottobre 1920 da alcuni militari che persero la vista durante il primo conflitto mondiale» continua Mario Barbuto, «tra cui Aurelio Nicolodi che ne divenne il primo presidente».
Istruzione, lavoro, riabilitazione, cultura, informazione, mobilità, ricerca: sono le parole chiave che caratterizzano l’azione quotidiana di Uici partendo dalla sede nazionale alle 127 sedi regionali e territoriali dove si raccolgono e si organizzano oltre cinquantamila associati dando ascolto alle famiglie e alle persone in difficoltà per restituire loro rispetto, dignità, uguaglianza.
L’Uici è un’associazione costituita esclusivamente da non vedenti e ipovedenti. Tuttavia, per raggiungere i suoi obiettivi, non ostacola il supporto di persone vedenti che possono lavorare al suo interno come dipendenti o volontari. Molto in un secolo è stato fatto. E Barbuto a Cagliari ne ha tracciato un breve excursus storico. «Insistiamo però nella nostra opera di favorire l’attenzione del mondo ai temi della disabilità». L’obiettivo? Paradossalmente rendere inutile l’esistenza di enti come l’Uici, «perché vorrebbe dire che non esisterebbero più ciechi né ipovedenti». Programma ambizioso: come realizzarlo? «Spingendo sulla politica perché faccia più prevenzione» chiede Barbuto, «più visite di controllo periodiche in grado di anticipare il problema e così intervenire tempestivamente con maggiori esiti di successo». Ci aveva anche provato Mario Barbuto a venir eletto alle ultime elezioni politiche (nel collegio di Palermo) senza però riuscirci. Dallo scranno dell’Uici continua così la sua opera di persuasione “esterna” al mondo politico.
A Cagliari ora, a promuovere il Braille. «Oggi nessuno mette in discussione l’alfabeto e la scrittura» premette, «e i non vedenti hanno avuto in dono, 200 anni fa, un sistema per leggere e scrivere ancora oggi più che mai attuale, esaustivo e inclusivo». Da allora molte cose sono cambiate. «Nel Dna dei ciechi» sottolinea ancora Barbuto, «c’è una vocazione alla ricerca e alla vita indipendente: questo ha fatto nascere la prima scuola per non vedenti». Insegnare il metodo Braille ai non vedenti non è però l’obiettivo ultimo dell’Uici e di quanti sono impegnati a divulgarlo. «Occorre allargarsi e insegnarlo ai non vedenti» conferma il presidente nazionale Uici, «ed è fondamentale diffonderlo nelle scuole, tra gli educatori, gli insegnanti i familiari dei non vedenti, perché questo sistema di letto scrittura consente al non vedente di essere autonomo, di poter comunicare anche con i vedenti che così devono conoscere il loro codice e riuscire a comunicare, senza “traduttori” estranei».