Oggi Giornata mondiale malattie rare

Sono circa 10mila le malattie rare oggi conosciute, ma solo per 450 di esse esiste una cura. Ma perché si chiamano “malattie rare”? Perché colpisce non più di cinque persone ogni 10mila. E scoprirla non è semplice: la diagnosi in media arriva dopo due anni.

Riscontrare una malattia rara comporta affrontare carenze sul fronte dell’assistenza e della riabilitazione. Senza tralasciare i problemi di inclusione scolastica, lavorativo, sociale che, per tanti, ancora oggi appare più che altro come un miraggio.

Ogni malato presenta il bisogno di accedere il prima possibile a diagnosi e successivamente alle necessarie e apposite terapie. Ma qui si affronta il tema della ricerca in grado di sviluppare cure, trattamenti, ausili in grado di migliorare la qualità di vita.
Proprio la ricerca è iltema scelto per la giornata mondiale delle malattie rare, che ricorre il 28 febbraio.

Nel mondo

Si stima che nel mondo siano circa 300 milioni le persone con una malattia rara. In Europa sono 30 milioni, in Italia circa due milioni. A oggi esiste una cura solo per 450 malattie.

Per tutto il mese di febbraio si è svolta la campagna di sensibilizzazione e informazione promossa da Uniamo (Federazione Italiana Malattie Rare), con tappe in diverse città e conclusa a Roma il 27 febbraio con un convegno apposito.

La ricerca

Detto che solo per 450 di queste malattie esiste una cura, ecco come la ricerca appare come l’unica soluzione di speranza per chi la vive in prima o indiretta persona.

Per questo le diverse associazioni che affiancano chi vive questa situazione, chiedono «al Governo» come sottolinea la presidenza di Uniamo Annalisa Scopinaro, «di ottimizzare e incentivare i percorsi per le persone con malattia rara, rispondendo così ai loro bisogni reali».

Che fare?

La diagnosi precoce può essere un test salvavita, ma non è per tutti. Lo screening neonatale alla nascita può infatti salvare la vita di un bambino perché si possono individuare malattie rare per le quali sono disponibili cure avviando quindi subito la terapia adatta.

Lo screening neonatale però, non è ancora un diritto di tutti i neonati. Non in tutte le regioni italiane viene effettuata.

E poi, come chiede ancora Annalisa Scopinaro di Uniamo, «occorre che il Governo, come previsto dalla legge, aggiorni i Livelli essenziali di assistenza (Lea) con cadenza annuale».

I numeri danno dati impietosi e dicono come solo il 3 per cento dei malati rari può contare attualmente su terapie “innovative” che agiscono direttamente sulle cause della patologia.

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